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Ecologia, ecologia sociale e democrazia liberale

| FRANCESCO INGRAVALLE

Tempo di lettura: 5 minuti

Ecologia, ecologia sociale e democrazia liberale

Il discorso di fine anno 2022 del presidente della Repubblica: pace nella giustizia e nella libertà, battaglia ecologica, importanza della scienza, sanità, riequilibrio tra Nord e Sud, ruolo dei giovani, partecipazione, tutto alla luce della Costituzione che ha appena compiuto 75 anni. E quanto si potrebbe aggiungere: i condizionamenti geopolitici, la mancanza di controlli da parte del potere pubblico, la mano degli interessi privati sulla ricerca, i movimenti giovanili senza sponda politica, gli interrogativi su formazione e digitalizzazione (sempre più intrecciati). La Costituzione non meno che la scuola, insomma, hanno di fronte avversari difficili da fronteggiare.

Proponiamo una sintesi del discorso, che definiremmo “parenetico” o esortativo, del Presidente (nella foto di apertura, foto Presidenza della Repubblica), accompagnato da alcune osservazioni.

Sergio Mattarella ha constatato, alla vigilia del settantacinquesimo anno dall’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, la solidità della democrazia liberale nel nostro paese; una constatazione che deriva dalla constatazione del modo in cui il nostro Paese sta affrontando due gravissime emergenze: quella determinata dalla pandemia da Covid-19 (non ancora superata) e quella determinata, quasi un anno fa, dall’aggressione russa all’Ucraina. All’interno dell’azione dell’Occidente noi, cittadini italiani, dobbiamo sforzarci perché il 2023 sia l’anno della fine delle ostilità; perché noi siamo parte dell’Europa e la pace è la parte fondativa dell’ideale europeo: la pace nella giustizia e nella libertà. Nella guerra attualmente in corso in Ucraina vengono bruciate risorse finanziarie che potrebbero essere impiegate per fronteggiare la fame e le malattie nel mondo. Di questa distruzione di risorse finanziarie è responsabile unicamente l’aggressore dell’Ucraina. Noi non ci dobbiamo rassegnare a questo presente che è violazione aperta dei diritti, non nella sola guerra in Ucraina, ma nell’Iran, nell’Afghanistan; nella Russia stessa molti giovani stanno dicendo, ormai, “No alla guerra!”.

Rafforzare il sistema sanitario nazionale

Dalla pandemia da Covid abbiamo potuto constatare l’importanza decisiva della scienza, delle istituzioni politiche e sociali, l’importanza, altrettanto decisiva, della solidarietà. Occorre rafforzare il sistema sanitario nazionale ponendo al suo centro la persona. Occorre sforzarsi di reagire all’inflazione, all’aumento dei costi dell’energia, alla carenza di posti di lavoro, soprattutto alla disoccupazione giovanile (che si è sviluppata dal 2008 a oggi); occorre sforzarsi di eliminare le diversità sanitarie fra Nord e Sud. Ma tutto questo presuppone l’impegno civico di chi paga le imposte, il vero sostegno di una repubblica fondata sul lavoro. È grazie a questi sforzi che l’Italia ha resistito alle conseguenze economiche e sociali della pandemia. Le nostre imprese sono state in grado di rispondere alle sfide sistemiche con slancio e il nostro export è aumentato; l’Italia, inoltre, è tornata, come prima della pandemia, a essere mèta di turismo. Abbiamo, dunque, ragioni concrete di speranze.

Leggere l’oggi con gli occhi del domani

Occorre, però, una visione precisa del futuro: le sfide tecnologiche sono, infatti, globali perché da sempre, la modernità è globale. L’Europa, la scienza occidentale, configurano responsabilità precise nei confronti dell’Africa; dobbiamo impegnarci a leggere l’”oggi” con gli occhi del “domani”. Dobbiamo essere in grado di cooperare alla guida del cambiamento in materia di transizione energetica, di cooperare all’uscita dal dramma dell’inquinamento e del cambiamento climatico. Decisivo, nella battaglia ecologica è, soprattutto, il ruolo dei giovani.

La trasformazione digitale ha cambiato e continuerà a cambiare le nostre vite profondamente; le nuove generazioni vivono già in questa nuova dimensione che può consentire di superare le arretratezze, tutelando, però, le libertà dei cittadini.

Nella ricerca scientifica noi formiamo le forze del nostro futuro; il PNRR spinge, del resto, l’Italia verso questi ardui traguardi. Ma la nostra conquista del futuro deve essere frutto di esercizio della coscienza e non può essere che frutto della partecipazione di tutti i cittadini.

Le guerre dimenticate

E ora, alcune osservazioni.

Che la pace sia fondativa dell’ideale europeo si legge, effettivamente, in tutte le Carte che hanno accompagnato la vicenda dell’integrazione europea; ma non va dimenticato che la pace europea, concretamente, deriva da una guerra che ha consolidato un presidio militare sul continente, configurato come Organizzazione del trattato del Nord Atlantico (NATO) che ha dato luogo a quella che gli storici, non di rado, denominano pax romana e che si concretizza in circa 284 basi militari NATO nel continente europeo di cui circa 111 soltanto in Italia. Di qui scaturisce la necessità oggettiva dello schieramento dell’Unione Europea (e dell’Italia che ne fa parte come membro fondatore) a favore dell’Ucraina.

Di qui scaturisce, per viam negationis, anche lo scarso interesse che una guerra civile (ma alimentata dall’esterno, come spesso è accaduto e accade) come quella che si svolge nello Yemen ha suscitato in Occidente (oltre 20.000 vittime civili, tra marzo 2015 e marzo 2021, 20.000.000 di persone bisognose di interventi umanitari, secondo “Save the Children”), anche perché la comunità internazionale ha appoggiato l’Arabia Saudita che sostiene una delle due parti in conflitto. Ma lo Yemen è meno decisivo, per la NATO, di quanto lo sia l’Ucraina. Si potrebbe continuare, con altri esempi.

Imperativi geoeconomici e geopolitici

Ci limitiamo a constatare che gli imperativi morali debbono, forzatamente, sottostare agli imperativi geoeconomici e geopolitici – forse Marx ed Engels sono stati relegati troppo frettolosamente in soffitta.

Che la democrazia riposi concretamente sull’impegno civico del pagamento delle imposte è incontestabile, naturalmente; ma prima di imboccare la falsa alternativa “più imposte/meno imposte” (così familiare agli scontri spettacolari fra “Centro-Sinistra” e “Centro-Destra”), proviamo a reagire criticamente e chiediamoci: perché non indagare ufficialmente sull’utilizzo finale del gettito fiscale, tutt’altro che irrilevante, oltre a indagare seriamente sull’evasione, come, del resto, non di rado si fa, da parte di soggetti economici e finanziari transnazionali? Quale valore possono avere le leggi, se non si vigila sulla loro attuazione? L’Italia è carente non tanto in fatto di legislazione in merito, quanto di controlli. Analogo è il caso delle morti sul lavoro che ha reso palpabile l’esigenza di controlli centralizzati da parte del pubblico potere. Il “dover essere” (le leggi), nel nostro Paese, sopravanza di gran lunga l’“essere” (la concreta realtà sociale).

L’ombra del privato sulla ricerca, bene pubblico

La ricerca è il futuro di ogni paese; tuttavia, nel momento in cui i committenti della ricerca sono soggetti di diritto privato e non il pubblico potere, non possiamo dare per scontato che il soggetto privato non privilegi gli ambiti di ricerca che più ne garantiscono i margini di profitto; e non si tratta di soggetti di diritto privato qualsiasi, ma di soggetti transnazionali, di investimenti diretti esteri che abbisognano di una guida politica democratica radicata nel luogo di investimento. Le stesse ricerche sulle energie rinnovabili patiscono del decentramento che favorisce l’ingresso di interessi non necessariamente ecologici.

In altri termini: il protagonista del finanziamento della ricerca scientifica deve essere il pubblico potere democraticamente costituito, se l’obiettivo deve essere il pubblico bene, ottenuto sistematicamente e non per “eterogenesi dei fini”. Potrà il movimento giovanile, senza una sponda politica, incidere in merito?

Non diverso è il discorso che riguarda la digitalizzazione. I mezzi digitali sono diventati le più importanti agenzie formative del long life learning; ma come formano, con quali contenuti? Ottenere più consensi, ottenere maggiori profitti. Anche contenuti antiscientifici, contrari ai diritti umani e sociali viaggiano lungo internet.

La Costituzione, non meno che la scuola, hanno di fronte un avversario difficile da fronteggiare, perché non è né un gruppo, né un partito, ma un movimento complessivamente acefalo (le “masse” di cui parla Freud in Psicologia delle masse e analisi dell’Io del 1921, oggi le “folle digitali”) determinato dalle risposte collettive agli inputs suggeriti da orientamenti di mercato, non da una razionalità pedagogica o morale. Anche questa agenzia di formazione va guidata; ma come? Forse una rilettura di L’uomo a una dimensione di Herbert Marcuse potrebbe aiutare.

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FRANCESCO INGRAVALLE
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