Sei preoccupato per il cambiamento climatico? Potresti soffrire di eco-ansia
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4 giovani su 10 non pensano di volere figli a causa della preoccupazione legata alla crisi climatica. Di cosa soffrono? Di eco-ansia. Come difendersi? Ad esempio unendosi ai giovani di Fridays for future.
Definita scientificamente come “la sensazione generalizzata che le basi ecologiche dell’esistenza siano in procinto di crollare” (Albrecht, 2019), l’eco-ansia è la diretta conseguenza del cambiamento climatico e delle catastrofi che ne conseguono sulla nostra salute mentale.
L’eco-ansia può manifestarsi, per esempio, come depressione, attacchi di panico o disturbi del sonno, e riguarda soprattutto persone esposte a problemi ambientali, persone ben informate sulla situazione climatica, e le nuove generazioni, costrette a pagare il conto di ciò che è stato (e di ciò che non è stato) fatto dalle generazioni passate. A causa dell’eco ansia il 75% dei giovani tra i 16 e i 25 anni ha paura del futuro, e molti giovani, circa 4 su 10, arrivano persino a pensare di non volere figli per non consegnarli a un mondo ormai in rovina.
Nel 2021 Hogg e i suoi colleghi hanno persino istituito una scala per misurare l’eco ansia. Questa, ancora non ufficialmente tradotta in italiano, sostiene l’idea che le 4 dimensioni specifiche dell’eco ansia siano sintomi affettivi, ruminazione, sintomi comportamentali e ansia per il proprio impatto negativo sul pianeta.
Vale la pena avere ansia?
La risposta è ovvia, ed è sì. Purtroppo, stiamo assistendo a catastrofi che sono destinate a ripetersi ancora e ancora nei prossimi anni, e che possiamo evitare solo con un cambiamento massiccio e radicale. Può capitare di sentirsi impotenti, perciò non c’è da colpevolizzarsi se si prova la cosiddetta eco ansia.
Le giovani generazioni, in particolare, si sono ritrovate ad abitare un mondo dominato da guerre già esplose o che rischiano di esplodere, dopo una pandemia e con il collasso climatico alle porte. L’eco-ansia, di fronte a questo panorama, si rende quasi razionale.
Curare l’eco-ansia
La cura migliore è saper ascoltare i propri sintomi senza ignorarli, e comportarsi di conseguenza. Un’ottima cosa da fare, per esempio, consiste nel limitare le ore giornaliere di esposizione alle notizie negative: non si tratta di menefreghismo, ma di salvaguardia della propria salute mentale. Oltre a questo, può far bene ricercare anche le notizie positive in riferimento al cambiamento climatico, così da cercare di controbilanciare quelle negative.
Va da sé che se si vuole far fruttare al meglio questa sensazione può fare molto bene concentrare le proprie energie su azioni che possano effettivamente fare la differenza, soprattutto se collettive. Circondarsi di persone con la stessa coscienza ambientale, infatti, può fare molto bene per confrontarsi costantemente e cercare insieme delle possibili soluzioni. Un esempio virtuoso è il Climate Social Camp che si è svolto a Torino a fine luglio: per quanto assaliti dall’ansia, pare proprio che i giovani non siano intenzionati ad arrendersi.
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Scrive per noi
- Chiara Pedrocchi
- Laureata in triennale in Lettere Moderne all’Università di Siena e in magistrale in Antropologia Culturale ed Etnologia all’Università di Torino. Oltre che per .eco scrive per Scomodo e VeganOK, e in passato ha collaborato con Lo Sbuffo e ViaggiNews.com. Aspirante giornalista, si interessa di ambiente, diritti umani e sessualità.
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